Le primitive delle funzioni e l’integrale

Le primitive delle funzioni a dominio discreto

Come già visto nel libro del calcolo differenziale, chiamiamo funzione a dominio discreto una funzione a valori reali f:\{x_k\} \to \mathbf{R} il cui dominio è una successione crescente di valori distinti \{x_k\}. Si tratta quindi di una funzione il cui grafico è dato da una successione di punti distinti (x_k,y_k), con y_k=f(x_k). Per queste funzioni abbiamo definito il tasso di variazione come il rapporto incrementale relativo all’indice k, cioè il numero y'_k=\frac{\Delta y_k}{\Delta x_k}.

La primitiva della funzione f:\{x_k\}_m^n \to \mathbf{R} è la funzione F\{x_k\}_m^{n+1} \to \mathbf{R} che ha la funzione f come tasso di variazione. Se poniamo Y_k=F(x_k), allora la precedente definizione di primitiva ha per conseguenza \frac{\Delta Y_k}{\Delta x_k}=y_k, e quindi \Delta Y_k=y_k\Delta x_k. Una generica primitiva sarà quindi

Y_k=c+\sum_m^{k-1}y_i\Delta x_i, \mbox{ con }c=Y_m=F(x_m).

Tutto questo somiglia alla ricerca della primitiva di una successione, ma nel caso attuale il valore Y_k si riferisce al numero reale x_k, non all’indice intero k.

Dal punto di vista geometrico, ricercare i valori di una funzione a dominio discreto a partire dai suoi tassi di variazione significa ricostruire una spezzata a partire dalle pendenze dei suoi segmenti. Infatti nei vari intervalli da x_i a x_{i+1}, gli incrementi della funzione lungo l’asse delle ordinate sono dati dai vari y_i\Delta x_i.

ricerca_spezzata

A partire da un arbitrario valore c, il k_esimo valore della primitiva risulterà dalla somma di tutti gli incrementi precedenti, cioè

Y_k=c+\sum_m^{k-1}y_i\Delta x_i.

C’è un secondo modo, assai espressivo, di rappresentare geometricamente questa somma se immaginiamo, per un momento, di trascurare la costante c, per esempio ponendola uguale a zero.

somma=rettangoli

Un generico prodotto y_k\Delta x_k rappresenta l’area di un rettangolino di base \Delta x_k=x_{k+1}-x_k e altezza y_k, sicché Y_k, secondo la formula precedente, rappresenta l’area complessiva del plurirettangolo, nel quale alcune parti possono anche avere area negativa, come illustra l’immagine.

Definizione di integrale

A questo punto, i concetti appresi si potrebbero trasferire alle funzioni che hanno dominio continuo. Si tratterebbe di ricostruire i valori della primitiva (delle primitive) di una funzione, conoscendo i suoi tassi di variazione, cioè le derivate, relativi a intervalli infinitesimi, di riscrivere le somme precedenti nel modo opportuno e di visualizzare graficamente il significato di quanto risulta.

Questa volta, però, preferiamo partire da una definizione più generale, cioè utile sia per i problemi che stiamo affrontando, sia in altri casi.

Definiamo integrale la somma di un numero ipernaturale infinito di numeri infinitesimi, cioè una somma del tipo \sum_1^N \alpha_k (gli \alpha_k sono infinitesimi, N è un numero ipernaturale infinito). È un concetto così importante che, come per la derivata, è identificato da un particolare simbolo, questo: \int, cioè una esse stilizzata, usata storicamente per esprimere questa particolare somma. Scriveremo quindi

\int_1^N \alpha_k

invece di \sum_1^N \alpha_k. Il risultato di una tale somma può essere di qualsiasi tipo, come si capisce da questi esempi elementari:

&\int_1^N\frac{1}{N}=N\frac{1}{N}=1\\
&\int_1^N\frac{1}{N^2}=N\frac{1}{N^2}=\frac{1}{N}\approx 0\\
&\int_1^{N^2}\frac{1}{N}=N^2\frac{1}{N}=N=+\infty

Non si tratta quindi di una forma sempre indeterminata, come dovrebbe essere per un semplice prodotto tra infiniti e infinitesimi.

Primi esempi di calcolo

La circonferenza

Sappiamo già che 2\pi r è la formula che fornisce la misura di una circonferenza di raggio r. Vediamo come ricavarla.

circonferenza

Disegniamo due circonferenze concentriche e un poligono di n lati inscritto in ciascuna in modo che i loro vertici siano allineati lungo i raggi . Per ogni triangolo isoscele vale L:r=L':r', cioè il rapporto fra il lato e il raggio non cambia qualsiasi sia la circonferenza considerata. Passando ai perimetri, si ha: \frac{nL}{r}=\frac{nL'}{r'}\to \frac{2p}{r}=\frac{2p'}{r'}

Supponiamo ora che il numero dei lati sia infinito (N). In questo caso ogni lato è indistinguibile dall’arco di circonferenza corrispondente. Allora il perimetro del poligono è indistinguibile dalla circonferenza \mathit{C}: \frac{\mathit{C}}{r}\sim\frac{2p}{r}=\frac{2p'}{r'}
\sim\frac{\mathit{C}'}{r'}\to \frac{\mathit{C}}{r}\sim\frac{\mathit{C}'}{r'}

circonferenza2

Il primo e l’ultimo termine di questa catena sono quindi indistinguibili. Trattandosi di due numeri standard, abbiamo che i due rapporti sono uguali. \frac{\mathit{C}}{r}=\frac{\mathit{C}'}{r'}. Dato che questo rapporto ha il medesimo valore per ogni circonferenza, gli si dà un nome particolare, come sappiamo: \frac{\mathit{C}}{r}=2\pi. Come si vede, il ragionamento, che si sviluppa a partire dal perimetro con infiniti lati, viene esteso alla circonferenza perché è indistinguibile dal poligono di infiniti lati.

Ma vediamo di fare uso della definizione di integrale.

circonferenza3

Fissiamo sulla circonferenza un punto iniziale P_0. A partire da questo consideriamo gli n archi (orientati, per esempio, in senso antiorario) che hanno per secondo estremo un altro punto P_k sulla circonferenza, con k che varia da 0 a n-1. I punti possono anche essere distribuiti in modo irregolare. Definiamo la funzione l(P_k) che calcola la lunghezza di questi possibili archi. L’arco fra due punti successivi P_k e P_{k+1} avrà per lunghezza la differenza \Delta l_k~=~l(P_{k+1})-l(P_k).

L’intera circonferenza è allora l=\sum_0^{n-1}\Delta l_k e poiché non dipende dalla scelta dei punti nè dal loro numero, possiamo riscriverla come

l=\sum\Delta l

Non si tratta della primitiva di una successione, ma effettivamente di una somma, cioè del numero che fornisce la misura della circonferenza.

Se ora pensiamo che i punti di suddivisione siano infiniti (e quindi gli archi siano infinitesimi), le differenze \Delta l_k diventano differenziali dl_k=l(P_{k+1})-l(P_k) e la circonferenza risulterà dalla somma di un numero infinito N di queste differenze infinitesime:

l=\int_0^{N-1}d l_k=\int dl_k

Anche in questo caso omettiamo gli indici perchè il risultato non dipende dal numero di punti, purché sia infinito, nè dalla misura dei singoli archi, purché siano infinitesimi. Non siamo però ancora in grado di dedurre il risultato del calcolo. Per arrivarci facciamo uso di una proprietà che sarà spiegata più avanti:

Se per k=1...N si ha che \beta_k\sim \alpha_k, allora anche \int_0^{N-1}\beta_k\sim\int_0^{N-1}\alpha_k.

Quali sono i termini \beta_k indistinguibili agli \alpha_k nel nostro caso? Sono i lati del poligono di infiniti lati, indistinguibili dagli archi infinitesimi corrispondenti sulla circonferenza circoscritta. Per questa via si ricava il rapporto 2\pi calcolato nelle righe precedenti e si ottiene il risultato.

L’esempio illustra il ragionamento abituale in questo tipo di calcolo: in genere calcolare un integrale è difficile. Le difficoltà si superano riducendo il problema in parti infinitesime e riportandolo su altri infinitesimi, indistinguibili dai precedenti.

L’area del cerchio

Seguiamo il percorso precedente. Fissiamo un punto P_0 sulla circonferenza e fissiamo gli altri punti in senso antiorario. Definiamo la funzione S(P) che associa a ogni punto P l’area del settore circolare P_0OP.

Immaginando n punti consecutivi P_k, da P_1 a P_n=P_0, avremo per il generico settore da P_kOP_{k+1} un’area data da \Delta S_k=S(P_{k+1})-S(P_k), per cui l’area del cerchio risulta

S=\sum_0^{n-1}\Delta S_k=\sum\Delta S

Come al solito, nell’ultima espressione omettiamo gli indici, perché la somma non dipende da questi, cioè non dipende dal numero dei punti e nemmeno dalla loro scelta.

cerchio

Di nuovo, consideriamo che i punti siano infiniti e quindi che i settori e le loro differenze siano gli infinitesimi dS_k. Allora l’area del cerchio è

S=\int_0^{N-1}d S_k=\int d S

Ancora una volta, il ragionamento ci porta a spezzare il problema in una somma infinita di elementi infinitesimi, ma non è in grado di darci il risultato.

Il passaggio successivo è cercare l’area di una figura più semplice del settore circolare infinitesimo, indistinguibile da questo. La figura è il triangolo isoscele infinitesimo, che ha per lati due raggi e per base una corda infinitesima, indistinguibile dall’arco corrispondente. Possiamo allora riscrivere l’integrale inserendo la formula dell’area del triangolo

S=\int d S \sim \frac{1}{2}rdl=\frac{1}{2}r\int dl=\frac{1}{2}rl=\frac{1}{2}r(2\pi r)=\pi r^2

La catena di uguaglianze dice che il primo e l’ultimo termine sono numeri indistinguibili. Poiché sono standard, saranno uguali: S=\pi r^2

La superficie sferica

sup_sferica

Immaginiamo di affettare una sfera perpendicolarmente ad un suo diametro, con infiniti tagli paralleli, di spessore infinitesimo \rho . La somma infinita di tutti gli spessori è il diametro: 2r=\int\rho. Ogni anello sferico ha superficie di area dS e l’integrale di tali superfici costituisce la superficie sferica S=\int dS, il valore che cerchiamo di calcolare.

Come al solito, è difficile calcolare direttamente S ed anche la sua frazione infinitesima dS. Per questo cerchiamo una figura semplice, di dimensioni infinitesime, indistinguibile da dS. Possiamo arrivarci considerando che l’anello tagliato è indistinguibile da un rettangolo che ha per base la circonferenza dell’anello e per altezza la sua larghezza. Scriviamo allora le espressioni per questa circonferenza e per questa larghezza.

sup_sferica2

La circonferenza dipende dal suo raggio, che è massimo (uguale al raggio sferico r) se il taglio è equatoriale e progressivamente si riduce a zero a seconda della latitudine \phi, l’angolo del raggio sferico che tocca il taglio: C=2\pi rcos\phi. La larghezza dipende anch’essa dalla latitudine dl=\frac{\rho}{cos\phi}. Quindi

dS\sim 2\pi r\cos\phi dl=2\pi r\cos\phi \frac{\rho}{\cos\phi}=2\pi r\rho.

Questo consente di ottenere la superficie sferica:

S=\int dS\sim\int 2\pi r\rho=2\pi\int\rho=2\pi r(2r)=4\pi r^2.

Note

S\sim 2\pi r(2r) equivale a dire che la superficie sferica è equivalente alla superficie laterale di un cilindro che ha lo stesso raggio della sfera e l’altezza pari al suo diametro.

Una seconda soluzione ...sbagliata

Si potrebbe procedere in un altro modo: si potrebbe considerare la superficie sferica come l’insieme dei fusi, cioè delle figure curvilinee formate da due meridiani. La superficie racchiusa è l’unione di due triangoli curvilinei opposti, che hanno in comune un arco di equatore.

03_09_fuso

Se la misura di quest’arco è l’infinitesimo dl, allora l’area di un fuso si potrebbe pensare indistinguibile dall’area di due triangoli rettilinei che hanno per altezza mezzo meridiano: dS\sim\frac{1}{2}\pi r dl. L’area della superficie totale allora sarebbe

S=\int dS\sim\int\frac{1}{2}\pi r dl=\frac{1}{2}\pi r\int dl=\frac{1}{2}\pi r(2\pi r)=\pi^2 r^2

Come mai il risultato è diverso? L’errore sta nel dare per scontato che il mezzo fuso sferico sia indistinguibile dal triangolo isoscele. Si può invece calcolare e dimostrare che si tratta di due figure infinitesime, ma non indistinguibili, perché non sono infinitesimi dello stesso ordine. In effetti il rapporto fra l’area del triangolo sferico curvilineo e quella del triangolo isoscele corrispondente vale \frac{4}{\pi}. Invece il primo metodo è corretto: infatti si può calcolare che alle nostre latitudini, per esempio, due paralleli distanti 1 m hanno una lunghezza diversa per circa 10 m (su 4501581,581). Quindi la figura considerata non è esattamente un rettangolo, ma l’approssimazione è eccellente. Le misure delle due basi hanno rapporto che non è 1, ma 1,000002221.

Il triangolo sferico

Il triangolo sferico generico ha per lati tre archi di cerchio massimo minori di una semicircoferenza.

03_10_tria_sferico

Osservando la figura, cerchiamo l’area S del triangolo ABC. Consideriamo che l’equatore passi per B e C, allora il nostro triangolo occupa una parte del fuso di ampiezza \alpha che si sviluppa in due parti, opposte in A. I fusi di ampiezza \beta e \gamma sono interamente contenuti nell’emisfero visibile e comprendono anche il triangolo ABC. Un fuso generico, di ampiezza \theta, occupa la frazione \frac{\theta}{2\pi} della superficie sferica, quindi ha area \frac{\theta}{2\pi}(4\pi r^2)=2\theta r^2. L’area S(ABC) dell’emisfero visibile si ottiene dalla somma dei fusi, ma in questo modo l’area del triangolo S(ABC) viene contata tre volte. Quindi:

&2\alpha r^2+2\beta r^2 +2\gamma r^2=2\pi r^2+2S(ABC)\\
&2S(ABC)=2 r^2(\alpha+\beta+\gamma-\pi)\\
&S(ABC)=r^2(\alpha+\beta+\gamma-\pi)\\
&S(ABC)=r^2E(ABC)\mbox{, con }E(ABC)=(\alpha+\beta+\gamma-\pi)

E(ABC) si chiama eccesso sferico. È la differenza fra la somma degli angoli interni del triangolo sferico e la somma analoga di un comune triangolo. Si può dire che l’area di un triangolo sferico è direttamente proporzionale al suo eccesso sferico, attraverso il fattore r^2.

Nel problema 4.3.3 l’eccesso sferico è proprio l’angolo del fuso d\theta perché alla base del triangolo la somma degli angoli dà già \pi. La seconda soluzione data al problema della superficie sferica considera il triangolo sferico indistinguibile da un triangolo piano di base rd\theta altezza \frac{\pi r}{2}, quindi di area S=\frac{\pi}{4}r^2 d\theta. Invece, se usiamo la formula del triangolo sferico, la sua area è S=r^2d\theta, quindi i due numeri non sono indistinguibili.

La calotta sferica e le stelle circumpolari

Dal fatto che la superficie sferica è equivalente a quella di un cilindro di pari raggio e altezza uguale al diametro, si ricava che l’area della calotta sferica di altezza h è 2\pi rh

circumpolari

Chiamiamo circumpolari le stelle che possiamo vedere tutto l’anno sopra l’orizzonte. Si trovano, per il nostro emisfero, attorno al Polo Nord Celeste (PNC), da cui il loro nome. Da un oservatore sulla superficie terrestre, il PNC viene visto ad un’altezza sull’orizzonte pari alla latitudine \phi del luogo. Calcoliamo, in base a questa, quale porzione di cielo stellato è sempre visibile.

circumpolari2

Chiamiamo r il raggio della sfera celeste, di area S=4\pi r^2 e cerchiamo l’area C=2\pi rh della calotta sferica delle stelle circumpolari, che ha altezza h. Ricaviamo:

&h=r-r\cos\phi=r(1-cos\phi) \ \to \ C=2\pi r^2(1-\cos \phi)\\
&\frac{C}{S}=\frac{2\pi r^2(1-\cos \phi)}{4\pi r^2}=\frac{1-\cos \phi}{2}=
\sin^2 \frac{\phi}{2}

Le conseguenze sono, per esempio:

  • al Polo Nord \frac{C}{S}=sin^2 45^\circ=\frac{1}{2}=50 \%,
  • all’Equatore, la latitudine è nulla, quindi...
  • alla nostra latitudine, per esempio 45^\circ: \sin^2 22,5^\circ= 14,6\%

Le stelle che non sono circumpolari o sono invisibili oppure occidue. Le stelle visibili sono quelle circumpolari più quelle occidue e le stelle invisibili sono nella stessa percentuale di quelle circumpolari.

I volumi

Una generica superficie di base

Nelle prossime figure sarà importante avere un metodo per cacolare l’area di una superficie generica, anche con contorno curvilineo.

figura_curva

Una tecnica diffusa è quella di quadrettare l’area. Più la quadrettatura è fine, migliore è l’approssimazione. Con una quadrettatura di lato infinitesimo possiamo ottenere il risultato esatto. Alcuni quadretti saranno sul bordo della figura e comprendendoli nel calcolo commettiamo un errore che al massimo è dato dalla lunghezza del contorno per la diagonale di un quadretto, che è infinitesima. Si tratta quindi di un errore infinitesimo. Possiamo quindi scrivere

S \sim \int \sigma

dove \sigma è l’area di un quadretto infinitesimo.

Il prisma e il cilindro

Risolto il problema della base, è semplice approssimare il volume di un prisma retto qualsiasi.

prisma

Basta immaginarlo composto di infiniti parallelepipedo con base quadrata, di area infinitesima \sigma e altezza h, quella del prisma. Abbiamo che

V\sim \int \sigma h=h\int\sigma\sim hS.

L’impostazione non cambia se la figura di base è curvilinea, cioè nel caso di un cilindro oppure di solido a base corvilinea generica

cilindro

Il principio di Cavalieri

Se due solidi sono compresi fra due piani paralleli, primo e ultimo piano di un fascio che li interseca formando sezioni di area uguale, allora hanno lo stesso volume.

cavalieri

Immaginiamo che il fascio sia di infiniti piani a distanza infinitesima \rho. Allora due piani successivi tagliano due scaglie di spessore \rho, di volume dV_1 e dV_2. I volumi dei due solidi si ottengono quindi da: V_1=\int dV_1 e V_2=\int dV_2. Nel disegno si rappresenta uno spessore piccolo, non infinitesimo, per evitare di complicare l’immagine

cavalieri2

con i microscopi non standard. Le due scaglie dello stesso strato hanno area uguale e volume indistinguibile: dV_1\sim S\rho\sim dV_2

V_1=\int dV_1\sim\int dV_2=V_2

Proprietà di piramidi e coni

tetraedro

Anzitutto dimostriamo che in una piramide le sezioni parallele alla base sono simili alla base e sono proporzionali ai quadrati delle loro distanze dal vertice.

Consideriamo la sezione A'B'C' parallela alla base: triangoli ABV e A'B'V' sono simili, dato che A'B' è parallelo a AB. Sono simili anche i triangoli rettangoli AHV e A'H'V', che hanno per lato l’altezza della piramide. Quindi:

\frac{A'B'}{AB}=\frac{A'V}{AV}=\frac{H'V}{HV}
\mbox{ e analogamente }
\frac{B'C'}{BC}= ... =\frac{H'V}{HV};
\frac{A'C'}{AC}= ... =\frac{H'V}{HV}

I due trangoli ABV e A'B'V' sono dunque simili. Ricordando che le aree di due figure simili stanno nello stesso rapporto dei quadrati di due lati omologhi, ricaviamo la seconda tesi: \frac{S'}{S}~=~\frac{H'V^2}{HV^2}.

piramide

Questo risultato si estende a tutte le piramidi, perché qualsiasi base poligonale può essere divisa in triangoli (i dettagli della dimostrazione si lasciano per esercizio).

Possiamo anche estendere gli stessi risultati ai coni, cioè ai solidi con base curvilinea qualsiasi e con superficie laterale formata da infiniti segmenti che uniscono la base ad un unico punto, il vertice, esterno al piano della base.

piramide2

Infatti possiamo pensare la base indistinguibile da un poligono di infiniti lati infinitesimi e ripetere per ognuno di essi la dimostrazione precedente.

Equivalenza fra coni

Due coni con le basi equivalenti e uguale altezza hanno lo stesso volume.

Basiamo la dimostrazione sul principio di Cavalieri. Consideriamo un piano intermedio e le due sezioni S_1', S_2' . Poiché le due altezze sono uguali, allora sono uguali anche le distanze del piano dai due vertici: H'_1V_1=H'_2V_2.

coni

Abbiamo che:

\frac{S'_1}{S_1}=\left(\frac{H'_1V_1}{H_1V_1}\right)^2=
\left(\frac{H'_2V_2}{H_2V_2}\right)^2= \frac{S'_2}{S_2}

che ha per conseguenza che S'_1=S'_2 perchè le due aree di base sono uguali per ipotesi. Questo comporta che per il principio di Cavalieri i due volumi sono uguali.

Note

Si dimostra la stessa tesi applicando le stesse ipotesi a due piramidi.

Il volume di piramidi e coni

I disegni mostrano la scomposizione di un prisma in tre piramidi che hanno lo stesso volume perché di uguali basi e altezze (per l’ultima si considera come base ABB', equiestesa rispetto a AB'A').

piramidi
piramidi2

Da ragionamenti come questo viene la regola per il volune di una piramide: V=\frac{1}{3}Sh. Per le analogie che abbiamo già visto, la stessa formula si estende anche al volume dei coni.

Un secondo modo per il cono

Ricaviamo nuovamente la formula del volume del cono, facendo uso, questa volta, del calcolo integrale.

cono

Un cono con area di base S e altezza h viene tagliato in un numero infinito N di scaglie parallele alla base, di spessore infinitesimo dh. Per quanto visto nel par.4, per la k\mbox{-ma} sezione, che si trova a distanza kdh=k\frac{h}{N} dal vertice, vale: \frac{S_k}{S}=\left(\frac{k}{N}\right)^2, e quindi: S_k=\left(\frac{k}{N}\right)^2 S. Allora il volume del k\mbox{-mo} strato è

dV_k=S_kdh=\frac{k^2}{N^2}S\cdot\frac{h}{N}=\frac{k^2}{N^3}Sh.

e il volume del cono

V\sim\int_1^N dV_k=\int_1^N \frac{k^2}{N^3}Sh=\frac{Sh}{N^3}\sum_1^N k^2.

Nell’ultima formula la somma sostituisce l’integrale perché k lasciato solo sotto il segno di integrale, non è un infinitesimo (anzi assume anche valori infiniti). Proseguendo, ricordiamo che \sum_1^nk^2=\frac{n(n+1)(2n+1}{6} e ricaviamo:

\int_1^NdV_k=\frac{Sh}{N^3}\frac{N(N+1)(2N+1)}{6}
\sim \frac{Sh}{N^3}\frac{2N^3}{6}=\frac{1}{3}Sh.

Il volume di una sfera

sfera

Isoliamo sulla superficie di una sfera una superficie infinitesima dS e immaginiamo che sia la base di un cono con vertice nel centro della sfera. Il volume del cono infinitesimo è dV=\frac{1}{3}rdS. E il volume della sfera:

V=\int dV\sim\int \frac{1}{3}rdS=\frac{1}{3}r\int dS=\frac{1}{3}rS=
\frac{1}{3}r(4\pi r^2)=\frac{4}{3}\pi r^3

Un secondo modo per la sfera

Il prossimo disegno confronta una semisfera, un cono rovesciato ed un cilindro, tutti con raggio r e altezza uguale al raggio, appoggiati sullo stesso piano e tagliati da un piano parallelo ad altezza h. Le sezioni che il piano individua nelle tre figure sono diverse. Il raggio della sezione S_1 della sfera è dato da r_1=\sqrt{r^2-h^2}. Il raggio della sezione S_2 del cono è h, mentre il raggio della sezione S_3 è r. Possiamo confrontare le aree di queste tre sezioni:

semisfera+cono=cilindro

&S_1=\pi(r^2-h^2)\mbox{,  }\ S_2=\pi h^2\mbox{,  }\ S_3=\pi r^2\mbox{, cioé}\\
&S_1+S_2=S_3

Dal principio di Cavalieri segue che il volume del cilindro è eguaglia la somma dei volumi della semisfera e del cono. Per il cilindro V_3=(\pi r^2)r=\pi r^3, per il cono V_2=\frac{1}{3}\pi r^2r=\frac{1}{3}\pi r^3. Così il volume della semisfera vale:

V_1=\pi r^3-\frac{1}{3}\pi r^3=\frac{2}{3}\pi r^3

e quindi, raddoppiando, si ottiene il volume della sfera.

Riassunto

  1. Le primitive F(x_k) di una funzione f(x_k) a dominio discreto sono le funzioni che hanno rapporto incrementale Y'_k=\frac{\Delta F(x_k)}{\Delta x_k}=f(x_k) uguale alla funzione data.
  2. L’espressione per una generica primitiva è: Y_k=c+\sum_m^{k-1}y_i\Delta x_i. I suoi valori si ricavano come somme a partire da una costante iniziale c=F(x_m).
  3. Ricavare queste primitive ha per analogo geometrico ricostruire una spezzata a partire da un punto iniziale e dalle pendenze dei suoi segmenti.
  4. L’espressione delle somme ha anche il significato dell’area totale di un polirettangolo, le cui basi sono i vari \Delta x_k e le cui altezze sono date dai valori f(x_k).
  5. L’integrale è la somma di un numero ipernaturale N di infiniti infinitesimi \int_1^N  \alpha_k, dove il simbolo \int sta per somma. Il tipo di tale somma non è a priori determinabile.
  6. Come esempio di applicazione, vengono ricavate molte formule di uso comune in geometria: per la circonferenza e l’area del cerchio, per l’area della superficie sferica, del triangolo sferico e dalla calotta, per i volumi di vari solidi.
  7. Il principio di Cavalieri assicura che hanno pari volume due solidi che, sezionati da piani paralleli alle due rispettive basi, hanno sezioni corrispondenti di uguale area.

Esercizi

  1. Seguendo il calcolo dell’esempio 4.3.3 calcola l’area della superficie di una calotta sferica di raggio r e altezza h.
  2. Completa la dimostrazione relativa alle piramidi con base qualsiasi, della quale hai il disegno nel par.4.4.4.
  3. Calcola quale percentuale di stelle circumpolari occupa il cielo visibile alla nostra latitudine ed esprimi poi questo rapporto in funzione di \phi.